Fatti di Innsbruck

    Schmerlingstrasse 1


Carcere del Palazzo di Giustizia

Dopo i tragici disordini notturni, 138 persone provenienti dalle più disparate zone della Monarchia austro-ungarica e dal Regno d’Italia, furono condotte in custodia cautelare nel carcere del Palazzo di Giustizia di Innsbruck. Poiché la cucina del carcere del tribunale non era attrezzata per la preparazione di un numero così cospicuo di pasti e i ristoratori di Innsbruck si erano rifiutati di servire i prigionieri, a quest’ultimi venne concesso il permesso di cucinare autonomamente la polenta. Ulteriore assistenza giunse poi dall’associazione di sostegno agli studenti italiani e dai Comuni del Trentino che si organizzarono per inviare loro pane e altri generi alimentari.

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Gli studenti prigionieri si facevano coraggio reciproco, intonando insieme canti patriottici. “L’inno di Garibaldi”, ma anche il celebre coro dei prigionieri tratto dall’opera Nabucco (“Va pensiero”) echeggiavano così di cella in cella. Attraverso la corrispondenza epistolare le pessime condizioni di detenzione furono presto note anche all’esterno e rimbalzarono sulle principali testate italiane nazionali e d’oltreconfine, inasprendo ulteriormente gli animi contro il governo austriaco.



all'itinerario urbano

Carcere del Palazzo di Giustizia

Dopo i tragici disordini notturni, 138 persone provenienti dalle più disparate zone della Monarchia austro-ungarica e dal Regno d’Italia, furono condotte in custodia cautelare nel carcere del Palazzo di Giustizia di Innsbruck. Poiché la cucina del carcere del tribunale non era attrezzata per la preparazione di un numero così cospicuo di pasti e i ristoratori di Innsbruck si erano rifiutati di servire i prigionieri, a quest’ultimi venne concesso il permesso di cucinare autonomamente la polenta. Ulteriore assistenza giunse poi dall’associazione di sostegno agli studenti italiani e dai Comuni del Trentino che si organizzarono per inviare loro pane e altri generi alimentari.

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Gli studenti prigionieri si facevano coraggio reciproco, intonando insieme canti patriottici. “L’inno di Garibaldi”, ma anche il celebre coro dei prigionieri tratto dall’opera Nabucco (“Va pensiero”) echeggiavano così di cella in cella. Attraverso la corrispondenza epistolare le pessime condizioni di detenzione furono presto note anche all’esterno e rimbalzarono sulle principali testate italiane nazionali e d’oltreconfine, inasprendo ulteriormente gli animi contro il governo austriaco.



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